Uno, nessuno, centomila,
composto in circa quindici anni, espone, attraverso un lungo monologo fatto
di divagazioni, fratture, digressioni, le fasi della completa disintegrazione
di un personaggio e dei suoi rapporti con la realtà e con il proprio
corpo. Infatti, partendo da una banale osservazione della moglie, Vitangelo
Moscarda, dopo una serie di tentativi di distinguersi dalle immagini che
gli altri si fanno di lui, conclude di non essere “uno”, come credeva,
bensì ovvero tanti quante sono le maschere che ogni individuo indossa
in ogni differente situazione, cioè “centomila”, e infine “nessuno”,
in quanto nessuno lo considera più, dal momento che comincia a comportarsi
come un pazzo. Finirà dunque i suoi giorni in un manicomio, ma felice
di aver finalmente abbandonato la propria individualità per identificarsi
con tutte le parvenze del mondo esterno, come ad esempio alberi, erba,
vento e nuvole…
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