LETTERATURA ITALIANA
Giovanni Verga: La roba (Novelle rusticane, 1883)

RIASSUNTO
La novella si apre con la presentazione indiretta del protagonista, di nome Mazzarò, ricco proprietario terriero, la cui ricchezza viene implicitamente rivelata attraverso lo stupore di un viandante. Mentre attraversa la pianura di Catania, lungo la strada che costeggia il Lago Lentini, quest'ultimo contempla le grandi fattorie di Mazzarò, i suoi immensi magazzini, le sue vaste vigne, i suoi estesi ulivi e i suoi campi di grano nonchè i suoi pascoli, i suoi muli e i suoi greggi. Nella prima sequenza, quindi, si vuole mettere in evidenza la ricchezza di Mazzarò. Nella sequenza successiva viene fornita un'approfondita descrizione fisico-psicologica di Mazzarò: egli è "un'omiciattolo basso e pingue”, ma possiede la grande dote dell'astuzia. Egli è infatti ricco, ma vive da uomo povero, vestendosi in malo modo e nutrendosi a sufficienza, e lavora insieme ai suoi braccianti al fine di accumulare più "roba" possibile. Mazzarò non possiede una famiglia e non ha alcun vizio circa le donne, il fumo, giocare o bere: rinuncia ai propri affetti per dedicare tutta la sua vita all'accumulo di "roba", intesa non solo come ricchezza, ma anche come potere e affermazione di se stesso: la “roba” diventa quindi un'ossessione per il protagonista, una bramosia mai completamente appagata. L'animo di Mazzarò è perciò giusto e corretto, in quanto accumula "roba" con la propria fatica, ma è ossessionato dall'avidità. L'analfabeta Mazzarò è il contadino che diventa ricchissimo a forza di lavoro e sacrifici, partendo dalla condizione di bracciante sfruttato. In seguito viene infatti narrata la sua storia, da quando derideva il padrone per i metodi poco astuti di controllare i braccianti e per la poca praticità per gli affari, fino al momento in cui, grazie alla furbizia e al lavoro, Mazzarò riesce a sottrarre tutte le tenute al padrone: ma, quando acquisisce un certo potere, tale scaltrezza diventa il mezzo per speculare sull'ingenuità altrui, solo per ottenere propri vantaggi, e non per migliorare le condizioni dei propri lavoratori più giovani di lui. Dimostrandosi sordo alle loro lamentele e suppliche, che per lui sono semplici "seccature", Mazzarò rivela la propria avarizia. Diventato vecchio, teme unicamente la morte, in quanto lo separerà dalla sua "roba": inutile è l'invidia che prova verso giovani lavoratori e l'uccisione di parte del bestiame, nel tentativo disperato di portarlo con sé nell'aldilà, in quanto dopo la morte, e Mazzarò ne è purtroppo cosciente, la "roba" accumulata in vita non varrà più niente.
ANALISI
Le uniche informazioni spazio-temporali si trovano all'inizio della novella, da cui il lettore comprende che il brano è ambientato nella Sicilia della metà dell'Ottocento. Descrivendoci gli immensi poderi di Mazzarò attraverso gli occhi del viandante, il Verga fornisce il quadro della Sicilia di quel periodo, ricca e fertile, ma con grossi problemi sociali, quali il brigantaggio, l'analfabetismo e la malaria. Tali condizione di precarietà in cui si trovava tutto il meridione italiano, situazione che non sarebbe cambiata nemmeno dopo l'Unità d'Italia, era dovuta a un’economia prevalentemente basata sull'agricoltura, praticata ancora con mezzi medievali, e ad un inadeguato sfruttamento delle terre, che erano in mano a pochi ricchi baroni.

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