RIASSUNTO
La novella si apre con la
descrizione del caminetto di fronte al quale Verga è seduto: il
focolare gli ricorda quello della fattoria del Pino, dove lavorano le raccoglitrici
di olive, tra cui Nedda, la giovane protagonista. La ragazza, sostiene
Verga, è “bruna, vestita miseramente, dall’atteggiamento timido
e ruvido, a causa della miseria e dell’isolamento”; lavora per procurarsi
i soldi con cui curare la madre, malata e in fin di vita, da cui si reca
ogni sera mentre le altre raccoglitrici cenano in serenità con la
“castalda”, la governante. Le raccoglitrici vengono pagate a fine settimana
a seconda delle ore effettivamente lavorate: una settimana piovosa quindi
produce un salario magrissimo, in quanto le lavoratrici sono costrette
a ripararsi nelle stalle o nelle cucine. Mentre Zio Giovanni aiuta Nedda
ad accudire la madre morente, la ragazza conosce e si innamora di Janu,
un ragazzo povero e affetto da malaria. Nedda non può sposarlo a
causa del lutto e della sua povertà, per cui lavora presso lo zio
per costruirsi una dote. Ma Janu cade da un albero, e muore: Nedda, che
nel frattempo era rimasta incinta del ragazzo, è scartata dalla
società, che la considera una peccatrice. La bambina che nascerà
sarà rachitica e morirà di stenti dopo pochi mesi: Nedda
rimarrà sola per il resto della vita.
ANALISI
A differenza del personaggio
manzoniano di Lucia, la cui rassegnazione è illuminata dalla fede,
Nedda non conosce alcuna speranza, in quanto è cosciente che la
vita è dolore e rassegnazione. La novella, la prima scritta dal
“Verga verista”, differisce dalle altre per diversi aspetti: la parte iniziale
è prolissa, troppo artificiosa e complicata, così come il
ritratto della protagonista; lo scenario è staccato dai personaggi,
il linguaggio non è quello realmente parlato dai personaggi e vi
sono spesso osservazioni di tipo moraleggiante, ad esempio circa la critica
della società contadina.
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