"La
lunga vita di Marianna Ucria" Dacia Maraini - 1990
Scheda
di lettura libro - La lunga vita di Marianna Ucria - Dacia Maraini - Notizie
sull'autrice
La
lunga vita di Marianna Ucria è stato scritto da Dacia Maraini nel
1990, un'edizione di Rizzoli, che vinse nello stesso anno il Premio Campiello.
Dacia
Maraini nasce a Firenze da una madre siciliana appartenente all'antica
famiglia degli Alliata di Salaparuta e da un padre per metà inglese,
famoso etnologo. Dopo un'infanzia particolarmente difficile la scrittrice
si trasferisce a Roma proseguendo gli studi ed arrangiandosi con lavori
diversi: fonda insieme ad altri giovani una rivista letteraria, "Tempo
di letteratura", edita da Pironti a Napoli, e comincia a collaborare con
riviste quali "Nuovi argomenti" e "Il Mondo". Nel corso degli anni '60,
oltre alla pubblicazione dei suoi primi romanzi, inizia ad occuparsi di
teatro fondando, insieme ad altri scrittori, "Il teatro del porcospino",
in cui si rappresentano solo novità italiane, da Parise a Gadda,
da Tornabuoni a Moravia. Segue, nel 1973, la fondazione del Teatro della
Maddalena, gestito da sole donne dove cinque anni dopo si mette in scena
"Dialogo di una prostituta con il suo cliente", tradotto in inglese e francese
e rappresentato in 12 paesi diversi.
In
questo libro la scrittrice affronta il tema della soggezione delle donne
alla violenza di un mondo maschile.
Scheda
di lettura libro - La lunga vita di Marianna Ucria - Dacia Maraini - Trama
Fin
dalle prime pagine il romanzo immerge il lettore nel clima oscuro e pieno
di contraddizioni della Sicilia del '700. Mentre in Europa fiorisce il
secolo dei "Lumi", a Palermo, in un tempo scandito da impicagioni, matrimoni
di interesse, monacazioni, si consuma la vicenda di Marianna, appartenente
alla nobile famiglia degli Ucria.La storia di Marianna, tenera mutola,
inizia ai tempi dell'infanzia. La piccola mutola inamorata profondamente
del padre, assiste alla scena cruenta e orribile dell'esecuzione di un
uomo. Lo spavento e l'orrore per la povera piccola è tanto che non
riesce più a parlare.
Il
padre scrisse una letera alla Signora Madre, in cui diceva che uno spavento
l'aveva assordata e che un altro spavento l'avrebbe guarita. Nessuno sapeva
e nessuno immaginava. Marianna ad un certo punto della sua vita si rifiuta
di ascoltare e di parlare. La famiglia la fa assistere all'impiccagione
di un ragazzo giustiziato dal macabro Tribunale dell'inquisizione, ma non
servì a nulla.
Sposare
e assicurare il matrimonio alle figlie era il motto della famiglia degli
Ucria, che in questo modo è riuscita ad imparentarsi per via femminile
con le più grandi famiglie palermitane. Tanto che anche Marianna
entra in questo circolo vizioso, senza sottrarsi al suo destino di povera
femmina, nata solo per saziare l'appetito sessuale dell'uomo, allevare
figli, ubbidire, sottostare, invecchiare precocemente. Marianna però
non invecchia, rimane la bella ragazza ventenne di un tempo: carnagione
chiara, fresca, capelli ancora ricci e biondi. Sposa all'età di
13 anni, per volontà della sua famiglia, lo zio, alleva i suoi figli
e le sue figlie con amorosa dedizione, attenta alla loro crescita morale
e psicologica. Partorisce otto figli, di cui tree morti e cinque vivi.
Manina, Felice, Giuseppa, Maraiano e il piccolo Signoretto. Dona ai suoi
figli quella comunicazione che a lei era mancata, quando la madre le ricordava
maliziosamente la sua situazione di "povera mutola".
Marianna,
la figlia prediletta del padre, viene data in dono al cognato come si regalerebbe
un gattino cieco.
E
poi, un'altra disgrazia: quel piccolo Signoretto, il figlio prediletto,
nato precocemente, muore. Lei, mamma bambina, chiusa in una disperazione
sorda come le sue orecchie e muta come le sue labbra, tenta disperatamente
di salvarlo, desiderando di vederlo morire subito per non farlo soffrire.
Scene
svolte sullo sfondo di una terra profumata, arsa, sfavillante di limoni,
di odori, di pietanze succulente, di estati torride, di brevi inverni ventosi
che giungono all'improvviso, di cavalli, di arroganza nobiliare, di boschi
di sugheri, di miseria... di squallida miseria.
Una
Sicilia oscurata ancora da un clima di Inquisizione, le nuove idee nel
frattemppo si diffondono in Europa: lo scetticismo di Hume e lo spirito
critico dei "philosophes" francesi.
Marianna,
ora vedova, in un momento storico in cui le donne sono quasi tutte analfabete,
prende in mano la penna, e lei, femminista senza coscienza di esserlo,
si determina a gestire e a capire. Questa donna non conosce l'amore, non
sa cos'è la dolcezza, la tenerezza. Ha concepito otto figli, si
è incontrata otto volte sotto le lenzuola con quello zio senza mai
baciarsi o accarezzarsi. L'amore per Marianna era impossibile, sfuggente
per lei, nobile, duchessa, mutola, vedova, femmina, rappresentante della
regale stirpe degli Ucria. Alla fine Marianna decide di lasciarsi alle
spalle la sua cara Palermo e riprende il cammino lontano dai suoi profumi,
per percorrere la lunga strada del suo destino fino alla fine, interrogando
i suoi silenzi, interrotti solo una notte da un assurdo grido agghiacciante
che traduce finalmente la memoria di ciò che fu.
Il
linguaggio usato dalla scrittrice non è particolarmente articolato,
delinea chiaramente il significato dell'opera, quella cioè di dare
un'idea profonda e sensuale della sua Sicilia, dove una donna costretta
a subire fa uscire il meglio di sè in un momento storico particolarmente
difficile. Inoltre il linguagio usato è molto scorrevole.
Scheda
di lettura libro - La lunga vita di Marianna Ucria - Dacia Maraini - Giudizio
personale
Il
genere a cui appartiene è narrativo; Dacia Maraini scrive questo
libro con estrema dolcezza e sensibilità, una narrazione delicata
quanto l'argomento trattato.
Questo
libro mi è piaciuto particolarmente, la forza delle immagini, delle
descrizioni sono coinvolgenti. Una stupenda immagine della Sicilia intrecciata
ad una storia delicata e toccante. Conoscer questa scrittrice, che mi ha
trasmesso forti emozioni e sensazioni, è stata una splendida scoperta
che mi porterà in futuri alla lettura di altre sue opere.