Scheda
di lettura libro - Se questo è un uomo - Notizie sull'autore
Primo
Levi nacque nel 1919 in un’agiata famiglia ebraica torinese. Si laureò
in chimica nel 1941. Nel 1943 aderì alla lotta partigiana : catturato
dai nazisti nel 1944, venne internato, insieme ad altri Ebrei italiani,
nel campo di concentramento di Fossoli (Modena) e deportato successivamente
ad Auschwitz, dove rimase fino all’arrivo delle truppe sovietiche; alla fine
del 1945, dopo un lungo e avventuroso viaggio, rientrò a Torino e riprese
il suo lavoro. Nello stesso periodo scrisse “Se questo è un uomo”
(1947), rievocazione della sua permanenza ad Auschwitz. Dopo la riedizione
del 1956, presso Einaudi, il libro nel giro di pochi anni venne tradotto in
tutta Europa. Nel 1963 scrisse “La Tregua “, narrazione del suo ritorno da
Auschwitz a Torino. Scrisse poi, molti altri testi, che trattavano altri argomenti
al di fuori delle sue esperienze nei Lager. Nel 1986 ritornò sui temi
dell’esperienza del lager con “I sommersi e i Salvati”. Morì suicida
nel 1987.
Tutta
l’esperienza narrativa di Levi nasce dal bisogno di raccontare le proprie
terribili esperienze, per fare in modo che rimangano nella memoria dell’uomo,
impedendo che possano ripetersi.
Scheda
di lettura libro - Se questo è un uomo - Il libro
Auschwitz,
Polonia 1944. Drammatico, incisivo e riflessivo. Tre aggettivi, troppo miseri
per descrivere in poche parole le sensazioni che questo libro mi ha dato.
Primo Levi aveva solo 24 anni, quando fu catturato dalle Milizie fasciste,
ed è così che il racconto incomincia… dalla fine delle speranze
di un uomo e dall’inizio di una sofferenza che non avrà limite.
Questo
non è un romanzo storico, precisa lo scrittore, nell’Appendice del
testo, è una testimonianza, dove i ricordi si fanno parole…
Il testo
tratta la descrizione del periodo di prigionia di Primo Levi nel Campo
di Concentramento ad Auschwitz la “Buma”, la denominazione del Campo deriva
dalla Fabbrica che, proprio lì produceva una gomma sintetica.
Il dramma
è subito chiaro, l’uomo diventa consapevole. Un lungo viaggio verso
la morte, ha inizio in un vagone merci, dove uomini, non animali, vengono
ammassati, senza luce, acqua, cibo e ancora percossi senza pudore né
animo umano per giorni e giorni.
Quel
treno del terrore porterà al campo milioni di uomini, molti non vi
giungeranno nemmeno, il viaggio lì ucciderà, lì selezionerà…
Il futuro? Incerto. Un domani? Inesistente.
ARBEIT
MACHT FREI. Il lavoro rende liberi. E’ questo il primo messaggio dato ai
prigionieri. Un messaggio che lì accompagnerà fino alla fine
della loro vita.
Denudati,
rasati e “marchiati” con un numero e quel “nome” di tutti e di nessuno:
Haftling. Primo Levi era il numero 174517.
La vita
nel Lager avrà un ciclo: Lavorare, dormire e mangiare; ammalarsi,
guarire e morire. Un processo questo di selezione naturale dove l’uomo si
differenzia tra la massa solo grazie alla sua capacità di sopravvivere.
Molti
saranno i personaggi presenti nel testo, lo scrittore parlerà di loro
con una dolcezza quasi inumana. Una dolcezza di un uomo al quale tutto è
stato tolto, sentimenti, amore e odio quindi, sensazioni ed emozioni.
Spogliato
di quell’animo umano, lo scrittore vive giorno per giorno la sua vita, come
altri milioni di uomini, con ansia e timore, aspettando le tragiche selezioni
periodiche nelle camere a gas. La vita del lager è un continuo combattere,
il freddo dell’inverno Polacco, la fame, il baratto di qualche pezzo di pane
per una camicia, per un paio di scarpe e ancora, il duro lavoro, le percosse.
Tragici
eventi raccontati, sembrano quasi seguire un flusso di ricordi, che vogliono
urgentemente fissarsi nella scrittura. Eventi alla quale io, come lettrice,
rimango ammutolita, anche se si conosce quello che è stato, credo
che nessuno possa concepire quel sentimento che prigionieri come Levi, sopravvissuti,
hanno dentro. Eppure lo scrittore dice che non prova odio.
Tanti
sono i racconti … quasi tutti talmente duri che appaiono quasi inverosimili.
La vicenda che più mi ha colpito è sicuramente la storia di
Elias, l’ Haftling numero 141 565. Elias era un lavoratore assiduo, pareva
felice nel lager, si dava da fare, e riusciva a trasportare massicci pesi
circa 4 volte più degli altri suoi compagni. Viveva una vita felice,
ingenuamente spensierato, ma poi, tragicamente alla fine del racconto
Levi spiega il perché di questa situazione subdola: Elias era un malato
mentale, non sapeva quindi. Era all’oscuro di tutto. Forse questa era la sua
fortuna. Non sapere quindi, non rendersi conto della propria distruzione.
Primo
Levi era un chimico, un uomo molto intelligente che riuscirà a sopravvivere
anche grazie alla sua astuzia e alla sua capacità di combattere.
Riuscirà nel tempo a capire, a gestire dei piccoli traffici a sopravvivere
di ingegni che gli daranno quel motivo in più giorno dopo giorno,
per lottare. Molti non ce la faranno, la vita è un tormento nel lager,
sopravvivere ai lunghi inverni è un miracolo. Una lotta che
si concluderà solo il 27 Gennaio del 1945. Lunghi attimi di vita.
I bombardamenti si sentivano nel lager. Rumori di speranza, la speranza di
una liberazione. Nel dicembre del 1944, Primo Levi, si ammalò di scarlattina
e fu costretto a rifugiarsi in Ka Be (L’ospedale del campo) e a rimanere
in quarantena. Proprio pochi giorni dopo del suo ricovero, i prigionieri
cominciarono a partire. I Kommandos scappavano, i sovietici erano alle porte.
Ma Levi era troppo debole, non poteva affrontare un lungo viaggio attraverso
il freddo, la fame e così indebolito dalla malattia. Dovette salutare
i suoi compagni di “ventura” come il suo migliore amico “Alberto” e attendere,
speranzoso l’ora della liberazione.
E così
passarono i giorni… i tedeschi avevano abbandonato la Buma, non vi era più
cibo, se non patate, non vi era più animo umano, se non gli ammalati
lasciati alla loro sorte nel Ka be. La fuga delle SS, il timore di un’avvenuta
dei Russi troppo tarda, il dolore. Levi e alcuni compagni del Ka – Be (Arthur
e Charles, dei Vosgi) si organizzarono. Dovevano sopravvivere. I Russi erano
vicini. Erano loro che si occupavano di tutti. Questi saranno gli ultimi dieci
giorni di prigionia, raccontati dallo scrittore in forma di diario. Un attesa,
una speranza, una lotta fino a che i Sovietici arrivano e furono finalmente
ritornati uomini. Uomini liberi.
Scheda
di lettura libro - Se questo è un uomo - Struttura e finalità
dell'opera
L’opera
è divisa in 17 Capitoli e ciascuno di essi ha delle sezioni o sottocapitoli,
è costituito da 208 pagine ed è preceduto da 23 versi liberi,
indirizzati al lettore in cui si cita la più alta preghiera ebraica.
Non credo
che ci sia di bisogno di spiegare il perché di questo libro, il significato
è chiaro: far conoscere per far capire. Non bisogna dimenticare quello
che è stato, non si deve scordare quello che l’uomo è stato
capace di fare. Uccidere, comandare, obbedire. Molti sopravvissuti dall’esperienza
del lager dicono che per loro è stato l’università della vita,
un processo di sofferenza che gli ha fatti crescere e comprendere. Un fanatismo,
una persecuzione che ha portato alla distruzione milioni di persone, famiglie,
cuori, anime.
Per esperienza
posso dire che, vedere con i propri occhi un campo di concentramento come
quello di Dacau, sia una delle esperienze più strazianti. Respirare
dopo molti anni quell’aria grigia, di tristezza di terrore lascia senza
parole. Mi chiedo ancor oggi, come un uomo riesca a compiere certi atti,
a rimanere razionale, impassibile, freddo davanti all’uccisione di un suo
simile. Vedere agonizzare un uomo dal dolore, dal freddo, dalla fame per
obbedire è l’atto più umiliante che un uomo possa abbassarsi
a compiere.
Levi
narra con una semplicità incredibile, analizza a fondo i comportamenti
dell’uomo, al di fuori di ogni rancore, con uno stile rapido e incalzante
per mettere a conoscenza al fine che gli errori si capiscano e non si ripetano.