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"Se questo è un uomo" Primo Levi - 1952



Scheda di lettura libro - Se questo è un uomo - Notizie sull'autore

Primo Levi nacque nel 1919 in un’agiata famiglia ebraica torinese. Si laureò in chimica nel 1941. Nel 1943 aderì alla lotta partigiana : catturato dai nazisti nel 1944, venne internato, insieme ad altri Ebrei italiani, nel campo di concentramento di Fossoli (Modena) e deportato successivamente ad Auschwitz, dove rimase fino all’arrivo delle truppe sovietiche; alla fine del 1945, dopo un lungo e avventuroso viaggio, rientrò a Torino e riprese il suo lavoro. Nello stesso periodo scrisse “Se questo è un uomo” (1947), rievocazione della sua permanenza ad Auschwitz. Dopo la riedizione del 1956, presso Einaudi, il libro nel giro di pochi anni venne tradotto in tutta Europa. Nel 1963 scrisse “La Tregua “, narrazione del suo ritorno da Auschwitz a Torino. Scrisse poi, molti altri testi, che trattavano altri argomenti al di fuori delle sue esperienze nei Lager. Nel 1986 ritornò sui temi dell’esperienza del lager con “I sommersi e i Salvati”. Morì suicida nel 1987.
Tutta l’esperienza narrativa di Levi nasce dal bisogno di raccontare le proprie terribili esperienze, per fare in modo che rimangano nella memoria dell’uomo, impedendo che possano ripetersi.


Scheda di lettura libro - Se questo è un uomo - Il libro


Auschwitz, Polonia 1944. Drammatico, incisivo e riflessivo. Tre aggettivi, troppo miseri per descrivere in poche parole le sensazioni che questo libro mi ha dato. Primo Levi aveva solo 24 anni, quando fu catturato dalle Milizie fasciste, ed è così che il racconto incomincia… dalla fine delle speranze di un uomo e dall’inizio di una sofferenza che non avrà limite.
Questo non è un romanzo storico, precisa lo scrittore, nell’Appendice del testo, è una testimonianza, dove i ricordi si fanno parole…
Il testo tratta la descrizione del periodo di prigionia di  Primo Levi nel Campo di Concentramento ad Auschwitz la “Buma”, la denominazione del Campo deriva dalla Fabbrica che, proprio lì produceva una gomma sintetica.
Il dramma è subito chiaro, l’uomo diventa consapevole. Un lungo viaggio verso la morte, ha inizio in un vagone merci, dove uomini, non animali, vengono ammassati, senza luce, acqua, cibo e ancora percossi senza pudore né animo umano per giorni e giorni.
Quel treno del terrore porterà al campo milioni di uomini, molti non vi giungeranno nemmeno, il viaggio lì ucciderà, lì selezionerà… Il futuro? Incerto. Un domani? Inesistente.
ARBEIT MACHT FREI. Il lavoro rende liberi. E’ questo il primo messaggio dato ai prigionieri. Un messaggio che lì accompagnerà fino alla fine della loro vita.
Denudati, rasati e “marchiati” con un numero e quel “nome” di tutti e di nessuno: Haftling. Primo Levi era il numero 174517.
La vita nel Lager avrà un ciclo: Lavorare, dormire e mangiare; ammalarsi, guarire e morire. Un processo questo di selezione naturale dove l’uomo si differenzia tra la massa solo grazie alla sua capacità di sopravvivere.
Molti saranno i personaggi presenti nel testo, lo scrittore parlerà di loro con una dolcezza quasi inumana. Una dolcezza di un uomo al quale tutto è stato tolto, sentimenti, amore e odio quindi, sensazioni ed emozioni.
Spogliato di quell’animo umano, lo scrittore vive giorno per giorno la sua vita, come altri milioni di uomini, con ansia e timore, aspettando le tragiche selezioni periodiche nelle camere a gas. La vita del lager è un continuo combattere, il freddo dell’inverno Polacco, la fame, il baratto di qualche pezzo di pane per una camicia, per un paio di scarpe e ancora, il duro lavoro, le percosse.
Tragici eventi raccontati, sembrano quasi seguire un flusso di ricordi, che vogliono urgentemente fissarsi nella scrittura. Eventi alla quale io, come lettrice, rimango ammutolita, anche se si conosce quello che è stato, credo che nessuno possa concepire quel sentimento che prigionieri come Levi, sopravvissuti, hanno dentro. Eppure lo scrittore dice che non prova odio.
 Tanti sono i racconti … quasi tutti talmente duri che appaiono quasi inverosimili. La vicenda che più mi ha colpito è sicuramente la storia di Elias, l’ Haftling numero 141 565. Elias era un lavoratore assiduo, pareva felice nel lager, si dava da fare, e riusciva a trasportare massicci pesi circa 4 volte più degli altri suoi compagni. Viveva una vita felice, ingenuamente spensierato,  ma poi, tragicamente alla fine del racconto  Levi spiega il perché di questa situazione subdola: Elias era un malato mentale, non sapeva quindi. Era all’oscuro di tutto. Forse questa era la sua fortuna. Non sapere quindi, non rendersi conto della propria distruzione.
Primo Levi era un chimico, un uomo molto intelligente che riuscirà a sopravvivere anche grazie alla sua astuzia e alla sua capacità di combattere. Riuscirà nel tempo a capire, a gestire dei piccoli traffici a sopravvivere di ingegni che gli daranno quel motivo in più giorno dopo giorno, per lottare. Molti non ce la faranno, la vita è un tormento nel lager, sopravvivere ai lunghi inverni è un miracolo.  Una lotta che si concluderà solo il 27 Gennaio del 1945. Lunghi attimi di vita. I bombardamenti si sentivano nel lager. Rumori di speranza, la speranza di una liberazione. Nel dicembre del 1944, Primo Levi, si ammalò di scarlattina e fu costretto a rifugiarsi in Ka Be (L’ospedale del campo) e a rimanere in quarantena. Proprio pochi giorni dopo del suo ricovero, i prigionieri cominciarono a partire. I Kommandos scappavano, i sovietici erano alle porte. Ma Levi era troppo debole, non poteva affrontare un lungo viaggio attraverso il freddo, la fame e così indebolito dalla malattia. Dovette salutare i suoi compagni di “ventura” come il suo migliore amico “Alberto” e attendere, speranzoso l’ora della liberazione.
E così passarono i giorni… i tedeschi avevano abbandonato la Buma, non vi era più cibo, se non patate, non vi era più animo umano, se non gli ammalati lasciati alla loro sorte nel Ka be. La fuga delle SS, il timore di un’avvenuta dei Russi troppo tarda, il dolore. Levi e alcuni compagni del Ka – Be (Arthur e Charles, dei Vosgi) si organizzarono. Dovevano sopravvivere. I Russi erano vicini. Erano loro che si occupavano di tutti. Questi saranno gli ultimi dieci giorni di prigionia, raccontati dallo scrittore in forma di diario. Un attesa, una speranza, una lotta fino a che i Sovietici arrivano e furono finalmente ritornati uomini. Uomini liberi.


Scheda di lettura libro - Se questo è un uomo - Struttura e finalità dell'opera


L’opera è divisa in 17 Capitoli e ciascuno di essi ha delle sezioni o sottocapitoli, è costituito da 208 pagine ed è preceduto da 23 versi liberi, indirizzati al lettore in cui si cita la più alta preghiera ebraica.
Non credo che ci sia di bisogno di spiegare il perché di questo libro, il significato è chiaro: far conoscere per far capire. Non bisogna dimenticare quello che è stato, non si deve scordare quello che l’uomo è stato capace di fare. Uccidere, comandare, obbedire. Molti sopravvissuti dall’esperienza del lager dicono che per loro è stato l’università della vita, un processo di sofferenza che gli ha fatti crescere e comprendere. Un fanatismo, una persecuzione che ha portato alla distruzione milioni di persone, famiglie, cuori, anime.
Per esperienza posso dire che, vedere con i propri occhi un campo di concentramento come quello di Dacau, sia una delle esperienze più strazianti. Respirare dopo molti anni quell’aria grigia, di tristezza di terrore lascia senza parole. Mi chiedo ancor oggi, come un uomo riesca a compiere certi atti, a rimanere razionale, impassibile, freddo davanti all’uccisione di un suo simile. Vedere agonizzare un uomo dal dolore, dal freddo, dalla fame per obbedire è l’atto più umiliante che un uomo possa abbassarsi a compiere.
Levi narra con una semplicità incredibile, analizza a fondo i comportamenti dell’uomo, al di fuori di ogni rancore, con uno stile rapido e incalzante per mettere a conoscenza al fine che gli errori si capiscano e non si ripetano.

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