|
Versioni di latino tradotte - Apuleio
|
|
Metamorfosi
9, 17 ^top
“Ecco
– disse dunque la vecchia – conosci per intero la storia di Arete e Filesitero
?”. “No davvero, ma desidero proprio conoscerla, e ti prego, madre, raccontamela
per filo e per segno”. E senza aspettare un attimo quella anziana chiacchierona
così iniziò. Questo Barbaro, poiché si doveva preparare
ad una partenza necessaria e si sforzava in ogni modo di mantenere intatta
la virtù della sua cara moglie, avverte in segreto il suo servo
Mirmece, di risaputa lealtà, e lo incarica di prendersi ogni cura
della sua padrona, minacciando di punirlo con l’ergastolo o – ancora peggio
– con un’infame morte violenta, se un uomo l’avesse sfiorata anche solo
con un dito; perciò il servo promette giurando anche su tutti gli
dei. Dunque, lasciando Mirmece scosso dalla tremenda paura come protettore
della moglie, parte senza preoccupazioni. Allora con preoccupazione il
preoccupatissimo Mirmece non lasciava mai uscire la sua padrona e le sedeva
accanto senza perderla di vista un attimo mentre procedeva infaticabile
al lavoro della lana in casa e standole attaccato e legato mentre compiva
la necessaria uscita per l bagno serale, tenendo con la mano i lembi del
vestito, e manteneva con ammirevole scaltrezza la fiducia dell’incarico
assegnatogli.
|
Versioni di latino tradotte - Apuleio
|
|
Metamorfosi
9, 18 ^top
Ma
la bellezza della matrona non potè rimanere nascosta alla stretta
sorveglianza di Filesitero. E spinto ed infiammato d’ardore proprio da
questa famosa castità e dall’eccessività del singolare incarico,
preparato a fare qualunque cosa, a sopportare di tutto, si accinge con
tutte le sue forze a cambiare il rigido modo di vivere domestico, sicuro
della fragilità della fiducia umana, di come tutte le difficoltà
si risolvano col denaro e di come anche le porte dure come l’acciaio siano
solite essere sbriciolate dall’oro, e tratto opportunamente in disparte
Mirmece gli rivela il suo amore, lo prega supplichevole di porre un freno
al suo tormento; infatti si approssimava per lui una morte certa, a meno
che non fosse riuscito ad impossessarsi dell’oggetto dei sui desideri in
fretta; né il servo doveva avere alcun timore per una cosa così
semplice, dato che era in grado di strisciare da solo protetto e coperto
dalle tenebre e tornare dopo un momento. Con questi modi e con queste parole
suadenti aggiungeva un valido cuneo che spezzasse violentemente l’incrollabile
ostinazione del servo; allungata infatti la mano, gli mostra monete d’oro
lucenti nuove di zecca, delle quali 20 erano destinate alla donna; ma gliene
avrebbe offerti volentieri però 10.
|
Versioni di latino tradotte - Apuleio
|
|
Metamorfosi
9, 19 ^top
Mirmece
inorridì di quell’impresa inaudita e, tappatesi le orecchie, scappò
via subito. Tuttavia non gli riuscì di dimenticare il bagliore fiammeggiante
dell'oro, ma, pur allontanatosi il più possibile ed entrato in casa
a passo spedito, tuttavia vedeva quelle splendide monete lucenti, si immaginava
già di stringere in pugno il ricco bottino, il poverino era disperato
e portato ad avere diversi pensieri dall’agitazione mentale e dalla confusione
di idee; una volta la lealtà, un’altra il guadagno, una volta le
torture, un’altra ancora i piaceri. Alla fine, tuttavia, l’oro ebbe la
meglio sulla paura di morire. Ed il desiderio del bel denaro non diminuiva
nemmeno col passare del tempo, anzi l’avidità rovinosa gli aveva
causato preoccupazioni anche di notte, tanto che, sebbene lo trattenessero
in casa le minacce del padrone, tuttavia l’oro lo spingeva ad uscirne.
Allora, messo da parte ogni ritegno, riferisce il messaggio affidatogli
alla signora. E quest’ultima non venne meno alla tipica leggerezza femminile,
anzi vende la sua virtù per quel maledetto denaro. Così Mirmece
pieno di gioia corre a gettare in un precipizio la sua lealtà, desiderando
non solo ricevere, ma anche toccare con la propria mano quel denaro che
per sua disgrazia aveva osservato, e tutto contento annuncia a Filesitero
che il suo desiderio, grazie ai suoi sforzi, è andato a buon fine,
e subito esige il premio che gli era stato promesso. E la mano di Mirmece,
che prima di allora non aveva conosciuto nemmeno quelle di bronzo, stringe
le monete d’oro.
|
Versioni di latino tradotte - Apuleio
|
|
Metamorfosi
9, 20 ^top
E,
dunque, a notte inoltrata lo conduce da solo alla casa e introduce l’irriducibile
amante fino alla camera da letto della padrona coperto bene sul volto.
Stavano appunto facendo sacrifici ad Amore novello con i primi abbracci
e stavano facendo il primo servizio militare come nudi soldati per Venere,
quand'ecco che – a differenza di come tutti credevano – il marito inaspettato,
scelta l’occasione della notte, si ripresenta alla porta di casa sua. Ora
bussa, ora grida a gran voce, ora colpisce la porta con un sasso e, insospettendosi
sempre di più per quel ritardo, minaccia di terribili punizioni
Mirmece. Ma quest’ultimo, sconvolto dal guaio improvviso, ridotto nell’impossibilità
di decidersi a causa della tremenda agitazione – non poteva fare altro
– dava la colpa al fatto l’oscurità della notte gli impediva di
trovare la chiave che era stata nascosta con cura. Nel frattempo Filesitero,
avvertito il rumore, subito rivestitosi, ma senza infilare la scarpe per
lo sconvolgimento, si lancia fuori dalla camera da letto. Allora Mirmece,
fatti infine scattare con la chiave i chiavistelli, spalanca le porte e
accoglie il padrone che ancora invocava il nome di tutti gli dei e, mentre
egli si precipita nella camera da letto, allontana Filesitero facendolo
uscire di nascosto e, messolo in libertà davanti alla soglia, sicuro
di sé, chiusa la porta di casa, torna a dormire.
|
Versioni di latino tradotte - Apuleio
|
|
Metamorfosi
9, 21 ^top
Ma
mentre all’alba Barbaro esce dalla camera da letto, vede sotto al letto
dei sandali mai visti prima, coi quali Filesitero si era introdotto di
soppiatto nella stanza, e, pur comprendendo cos’era accaduto data la situazione,
afferratili e nascosti in grembo, senza rivelare alcun risentimento alla
moglie né ad alcuno dei familiari, dopo aver ordinato che solo Mirmece
venisse portato in piazza in catene dai suoi compagni schiavi, vi si dirige
a passo rapido ripetendo fra sé in silenzio espressioni di stizza,
sicuro che, grazie alla prova dei sandali, avrebbe facilmente potuto prendere
l’adultero. Ma ecco mentre Barbaro attraverso la folla col volto rosso
e le sopracciglia aggrottate avanza irato e dietro di lui viene trascinato
Mirmece tutto incatenato, non colto in flagrante, ma tuttavia versando
lacrime copiose e movendo a compassione inutilmente tutti scosso dalla
sua cattiva coscienza, Filesitero, che passava di lì quasi a farlo
apposta, benchè fosse diretto a tutt’altre faccende, colpito ma
non spaventato da quella scena improvvisa, ripensando allo sbaglio che
la sua fretta gli aveva fatto commettere e comprendendone intelligentemente
tutte le logiche conseguenze, fatti da parte gli schiavi, si getta urlando
su Mirmece riempiendolo di pugni in volto: “ehi tu, pendaglio da forca
! – disse – il tuo padrone e tutti gli dei che tu scomodi inappropriatamente
con i tuoi falsi giuramenti ti diano la giusta punizione per i tuoi meriti,
tu che ieri ai bagni mi hai rubato i sandali! Sei ben degno, per Ercole,
di logorare queste catene che porti e per giunta di sopportare l’oscurità
del carcere”. Barbaro, tratto in inganno ed anzi sollevato dalla trovata
quanto mai opportuna del risoluto giovane, credendogli in pieno, tornato
a casa e fatto chiamare Mirmece, gli restituì i sandali e lo perdonò
di buon cuore, e lo consigliò di restituire al legittimo possessore
a cui li aveva sottratti.