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Versioni di latino tradotte - Cornelio Nepote
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Annibale
ricorre all'astuzia ^top
Annibale
giunse da Antioco. Essendo Antioco stato messo in fuga dai romani, Annibale
temendo di essere consegnato, se ne avesse dato l'occasione, giunse a Creta
presso i Gortinii per esaminare là dove si potesse rifugiare. Poi
uomo più furbo di tutti i capi capì che sarebbe stato in
grande pericolo se non avesse fatto qualche cosa a causa dell'avidità
dei Cretesi: portava infatti con sè una grande quantità di
denaro della quale sapeva che la notizia si era diffusa. Così prese
la seguente decisione. Riempie molte anfore di piombo, ricopre le estremità
di oro ed argento. Alla presenza dei capi depose queste nel tempio di Diana,
fingendo di affidare la sua ricchezza alla loro onestà. Indotti
quelli in errore, riempie le statue di bronzo che portava con sè
di tutto il suo denaro e le mette nel cortile della casa. I Gortinii custodiscono
il tempio con grande cura non tanto da tutti gli altri quanto da Annibale
affinchè quello non prendesse e portasse con sé quello a
loro insaputa.
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Epaminonda
muore non vinto ^top
Questo
comandante alla fine del tempo presso Mantinea, schierato l'esercito incalzando
piuttosto audacemente i nemici, riconosciuto dagli spartani poichè
ritenevano che la salvezza della sua patria fosse insita nella sconfitta
di uno solo, tutti quanti assalirono uno, e non si allontanarono prima
che videro cadere lo stesso Epaminonda, che aveva abbattuto molti e uccisi
molti, combattente fortissimamente trafitto da un giavellotto. I Beoti
furono assai rallentati dalla sua caduta e non si allontanarono dalla battaglia
prima che sconfiggessero i nemici. Ma Epaminonda accorgendosi di avere
ricevuto una ferita mortale e contemporaneamente che avesse estratto il
ferro che staccatosi dal legno dell'asta gli era rimasto nel corpo, sarebbe
subito morto, lo trattenne finchè fu annunciato che i Beoti avevano
vinto. Dopo aver sentito ciò, disse:"Ho vissuto a sufficienza: infatti
muoio non vinto". Allora estratta la punta immediatamente morì.
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Pelopida Tebano ^top
Pelopida Tebano possedette spesso una sorte avversa. Infatti da principio era esule senza patria né casa, poi essendo stato richiamato ed essendo stato mandato in Tessaglia come ambasciatore, presso il tiranno Alessandro Fereo, insieme con il collega Ismenìa, che sopportava il medesimo obbligo, fu gettato in prigione (in catene). Epaminonda, perseguendolo raggiunse Alessandro con la guerra. Dopo questo avvenimento nessun animo potè essere placato contro Alessandro.
Pertanto, persuase i Tebani affinché si recassero come rinforzo in Tessaglia contro il tiranno. E di questa guerra, poiché a lui (era stata data la somma) ne era stato dato il comando, non dubitò, e insieme osservo il nemico, di lottare. E in questo combattimento, acceso d'ira incitò i cavalli contro di lui (contro Alessandro), e sparatosi lontano dai suoi, trafitto dal lancio dei dardi, morì.
E ciò accadde già a vittoria prossima: infatti le truppe del tiranno erano già incrinate. E accaduto ciò, tutti i cittadini della Tessaglia, morto Pelopida, dedicarono corone d'oro e statue di bronzo e ai suoi figli assegnarono molte terre.
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Qualità
di Attico ^top
Attico di Atene vinse talmente tanto che fu carissimo per il merito a tutti gli ateniesi.
Infatti spesso alleggeriva la loro scarsezza pubblica con le sue ricchezze. Accresceva
questa benevolenza anche con altra gentilezza: infatti donava a tutti tanto frumento
che dava a ciascuno molto grano. Inoltre si comportava così perchè la comunità dei più
umili sembrasse pari ai principi. Ciò fu fatto affinchè gli ateniesi portassero tutti
gli onori pubblici.
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Ritratto
di Ificrate (Iphicrates 1, 1-4) ^top
Ificrate
l’ateniese si acquistò fama più che per le grandi imprese,
per la sua formazione militare. Fu infatti condottiero degno non solo di
reggere il confronto con i primi del suo tempo, ma anche di non esser considerato
inferiore a nessuno dei suoi predecessori (maioribus natu). In verità
usò molte delle sue energie in attività belliche, fu spesso
a capo di eserciti, in nessun luogo fece male per (sua) colpa; vinse sempre
grazie alla saggezza ed in esse dimostrò tanta capacità che
nell'arte militare molte cose in parte innovò del tutto, in parte
migliorò. E infatti cambiò le armi della fanteria.
Prima di quel comandante, siccome erano usati clipei grandissimi, aste
corte, spade piccole, egli invece alla parma sostituì la pelta -per
cui i fanti furono poi chiamati peltasti-, così che i soldati fossero
più leggeri per i movimenti e gli assalti, raddoppiò la quantità
delle aste, fece le spade più lunghe. Lo stesso cambiò il
tipo delle corazze ed al posto di quelle intrecciate e di bronzo, le diede
di lino. In questo modo rese i soldati più spediti.
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Una
fanciulla presa in ostaggio ^top
Temistocle
non sfuggì all'invidia dei suoi concittadini. E infatti per lo stesso
timore, per il quale fu condannato Milziade, mandato fuori dalla città
con l'ostracismo, andò ad abitare ad Argo. Qui vivendo per le molte
abilità con grande dignità, i Lacedemoni mandarono dei legati
ad Atene, che accusassero lui assente poichè aveva fatto un'allenaza
con il re dei Persiani per opprimere la Grecia. Per questo crimine lui
assente fu condannato per tradimento. Quando seppe ciò, poichè
non si sentiva a sufficienza sicuro ad Argo, andò via a Corfù.
Là, avendo capito che i capi di quella temevano che a causa sua
gli spartani e gli ateniesi dichiarassero a loro guerra, si rifugiò
ad Admeto, dal re dei Molossi, col quale c'era stato un rapporto di ospitalità.
Essendo giunto in questo luogo e mancando ora il re, per proteggere lui
che era stato ascoltato con maggiore scrupolo, rapì la sua piccola
figlia e la spinse con sé nel tempio che veniva venerato con la
massima religione. Di lì non si allontanò prima che il re,
data la (mano) destra, gli desse protezione, che il re promise.