VERSIONI DI LATINO
Seneca


 De brevitate vitae cap.1
 De brevitate vitae cap.5
 De brevitate vitae cap.11
 De otio 6, 1
 De otio 6, 2
 De otio 6, 3
 De otio 6, 4
 De otio 6, 5
 E' meno duro non avere ricchezze che perderle
 Epistulae ad Lucilium 1, 1
 Epistulae ad Lucilium 1, 2
 Epistulae ad Lucilium 1, 3
 Epistulae ad Lucilium 1, 4
 Epistulae ad Lucilium 1, 5
 Generosità e fedeltà di due shiavi
 Popolazioni costrette a emigrare

Versioni di latino tradotte - Seneca


De brevitate vitae cap.1 ^top
O Paolino, la gran parte degli uomini si lamentano per l'avarizia della natura, giacchè siamo destinati ad un breve spazio di tempo, poichè questi lassi di tempo concessici scorrono tanto rapidamente che, tranne pochissimi, la vita abbandona gli altri proprio nel momento di preparazione alla vita. Nè soltanto la folla ed il volgo ignorante si è lamentato per questo male comune, come credono; questa convinzione strappò anche i lamenti di uomini illustri. Da qui deriva quella famosa massima del più grande dei medici: "la vita è breve, lunga è la vita dell'arte"; di qui la disputa, per nulla adatta ad un filosofo, di Aristotele alle prese con lo studio della natura: "quella ha concesso tanto tempo di vita agli animali, che vissero per 5 o 10 generazioni, un termine tanto più breve è fissato per l'uomo generato per tante e grandi imprese". Non poco tempo abbiamo, bensì ne perderemmo molto. E' concessa generosamente una vita abbastanza lunga anche per il compimento di grandissime imprese, se fosse messa a frutto tutta; ma poichè si disperde (in molte vie) per il lusso e la trascuratezza, poichè non si applica anessuna buona azione, quando infine la morte costringe(a riflettere sul tempo), ci accorgiamo di essere andati quanto prima non capimmo di andare. Sì: non abbiamo avuto una vita breve, bensì l'abbiamo resa tale, nè siamo a corto di essa, ma ne siamo spreconi. Come ingenti e regali ricchezze svaniscono in un momento, qualora siano pervenute ad un cattivo uso padrone, mentre crescono con l'uso benchè limitate, se furono affidate ad un buon amministratore, così la nostra vita si apre tantissimo dinanzi a chi la organizza bene.
Versioni di latino tradotte - Seneca


De brevitate vitae cap.5 ^top
Quante volte Marco Cicerone maledisse quel suo stesso famoso consolato celebrato non senza motivo ma senza fine mentre era in preda ai flutti insieme allo stato e tratteneva quella che andava a picco, sballottato tra i Catilina, i Clodi ed i Pompei ed i Crassi in parte nemici dichiarati, in parte dubbi amici, alla fine travolto inquieto né nella favorevole sorte, né tollerante dell'avversa! Che lamentose parole fa sentire nella lettera ad Attico, quando già Pompeo padre era stato sconfitto, quando ancora Pompeo figlio cercava di ripristinare gli eserciti sconfitti in Spagna! "Chiedi cosa faccia qui?" disse "Aspetto semilibero nella mia villa di Tusculo". Poi aggiunge altre frasi, Con le quali sia rimpiange la vita passata, sia si lamenta della presente, sia  si dispera per quella futura. Cicerone si dichiarò libero per metà: ma, per Giove, il sapiente mai scadrà ad una definizione tanto sintetica, mai sarè libero per metà, sempre di una libertà integra e monolitica, indipendente e padrone di sé e superiore a tuto il resto. Che cosa infatti può stare al di sopra di colui che è(a sua volta) al di sopra della sorte?
Versioni di latino tradotte - Seneca


De brevitate vitae cap.11 ^top
Vuoi infine sapere quanto poco vivano? Guarda quanto desiderino vivere a lungo. Vecchi decrepiti mendicano un'aumento di pochi anni con le peghiere: fanno loro stessi finta di essere più giovani; si ludìsingano con la bugia e si ingannano così volentieri come se insieme ingannassero il destino. Allora poi, quando una qualche infermità ha ricordato loro la morte, come muoiono pieni di paura, non come se uscissero dalla vita, ma come se (ne) fossero trascinate fuori! Gridano di essere stati stolti, fino al punto che non sono vissuti e urlano che vivranno nell'ozio, se soltanto saranno scampati da quella malattia; quindi pensano a quante cose, delle quali non avrebbero potuto godere, abbiano fatto senza utilità, quanto ogni fatica sia stata sprecata. Ma per quale ragione la vita non dovrebbere essere generosa con coloro per i quali si svolge lontano da ogni cosa? Niente è affidato ad altri di essa, niente è sparso qua e là, nulla è poi affidato al destino, niente muore per trascuranza, niente è buttato via per dissipazione, nulla è superfluo: tutto è redditizio, per dire così. Dunque per quanto (sia) breve è più che sufficiente, e così il saggio non esiterà ad andare con un passo sicuro verso la morte, l'estremo giorno verrà in qualunque momento.
Versioni di latino tradotte - Seneca


De otio 6, 1 ^top
"Ma c'è differenza" dici "se a quella a causa del piacere ti sarai avvicinato, nulla altro chiedendo a lei che un'assidua contemplazione senza esito; infatti è dolce ed ha le sue lusinghe". Riguardo a ciò ti rispondo: ugualmente importa con quale atteggiamento ci si dedica alla vita pubblica, se sei sempre agitato e non ti prendi mai alcun momento per guardare dalle cose umane a quelle divine.
Versioni di latino tradotte - Seneca


De otio 6, 2 ^top
Com'è verisimile aspirare a cose senza alcun amore della moralità e senza culto dell'ingegno e il compiere azioni pure e semplici (questi valori infatti mescolarsi ed intrecciarsi tra loro), così è un bene imperfetto e fiacco la virtù relegata nell'ozio senza azione, non mostrando mai ciò che ha imparato.
Versioni di latino tradotte - Seneca


De otio 6, 3 ^top
Chi nega che quella debba provare i suoi progressi nell'opera e non debba tanto pensare a ciò che si deva fare ma talvolta debba pensare all'azione e portare a realizzazione quanto è stato meditato? Forse non è di impedimento a causa dello stesso saggio, se manca chi fa, ma mancano le cose da fare, forse che non permetterai a quello di stare con se stesso?
Versioni di latino tradotte - Seneca


De otio 6, 4 ^top
Con quale atteggiamento il sapiente si dedica all'ozio? Sapendo che anche in quella situazione farà quelle cose per mezzo delle quali giova ai posteri. Noi certamente siamo tra coloro che dicono che sia Zenone che Crisippo hanno fatto cose più grandi che se avessero condotto degli eserciti, ricoperto cariche politiche, fatto delle leggi; questo non per una sola città, ma per tutto il genere umano promulgate. Per quale motivo dunque non conviene ad un uomo buono l'ozio, per mezzo del quale può dare insegnamenti ai futuri secoli e non parli presso pochi ma presso tutti gli uominidi tutte le popolazioni, che esistono ed esisteranno?
Versioni di latino tradotte - Seneca


De otio 6, 5 ^top
In conclusione, ti chiedo se Cleante, Crisippo e Zenone sono vissuti secondo i loro precetti. Senza dubbio risponderai che quelli vissero come avevano detto che si doveva vivere: sebbene nessuno di loro amministrò lo stato. "Non ebbero" dici "quelli (soggetto) o quella fortuna o quella dignità che era solita essere unita all'analisi delle cose pubbliche". Ma ugualmente nonostante ciò trascorsero una vita non attiva: hanno trovato in che modo la loro quiete giovasse agli uomini di più che l'agitazione ed il sudore degli altri. Dunque nonostante ciò questi sembrano aver fatto molto, sebbene non abbiano fatto nulla per la politica.
Versioni di latino tradotte - Seneca


E' meno duro non avere ricchezze che perderle ^top
Se confronti tutti gli altri mali, dai quali siamo afflitti, la morte, la malattia, la paura, il rimpianto, con quelli che la nostra ricchezza ci offre, il denaro avrà la meglio. Pertanto si deve pensare quanto dolore più lieve sia avere che perdere e capiamo che la povertà ha una quantità di tormenti minore tanto quanto è minore il danno. Infatti tu sbagli se reputi con più forza i ricchi tollerino la perdita del denaro: il corpo più grande e più piccolo soffre allo stesso modo le ferite. Il filosofo Bione elegantemente dice che non è meno fastidioso per i calvi come per chi ha una lunga capigliatura avere strappati i capelli. La stessa cosa si affermi per i poveri e per i ricchi: uguale è il loro dolore; infatti ad entrambi rimane attaccato il loro denaro e non può essere portato via senza reazione. Ma è più tollerabile come ho detto e più facile non avere che perdere ricchezze, e perciò vedrai più lieti quelli che la fortuna non ha mai favorito piuttosto di quelli che dalla fortuna sono stati abbandonati.
Versioni di latino tradotte - Seneca


Epistulae ad Lucilium 1, 1 ^top
Fai così, o mio Lucilio: rivendica te stesso a te, e raccogli e conserva il tempo che fino ad ora o veniva portato via o veniva sottratto o era perduto. Convinciti che questo sia così come scrivo: alcuni momenti ci sono strappati via, alcuni sono sottratti, alcuni volano via. La più turpe è tuttavia la perdita che avviene per negligenza. E se vorrai stare attento, una grande parte della vita passa mentre si fa del male, una grandissima quando non si fa nulla, tutta la vita per chi fa altro.
Versioni di latino tradotte - Seneca


Epistulae ad Lucilium 1, 2 ^top
Chi mi darai che attribuisca un qualche valore al tempo, che apprezzi il giorno, che comprenda di star morendo ogni giorno?. In questo infatti sbagliamo, poichè guardiamo la morte da lontano: una gran parte di essa è già passata; la morte tiene tutto il tempo che è dietro. Fai dunque, o mio Lucilio, quello che tu scrivi di fare, tieni strette tutte le ore; così succederà che tu dipenderai meno dal domani, se avrei messo le mani sull'odierno.
Versioni di latino tradotte - Seneca


Epistulae ad Lucilium 1, 3 ^top
Mentre si tira in lungo, la vita se ne va. O Lucilio, tutte le cose sono degli altri, soltanto il tempo è nostro; la natura ci ha messo nel possesso di questa unica cosa fugace e incerta dalla quale allontana tutti coloro che vuole. E tanto grande è la stoltezza dei mortali che sopportano quando le hanno ottenute che siano imputate a loro quelle cose che sono piccolissime e di scrsa importanza e che facilmente si possono procurare, nessuno che ha ricevuto il tempo giudica di dover essere debitore di qualcosa, mentre invece questa è l'unica cosa che nemmeno chi è grato può restituire.
Versioni di latino tradotte - Seneca


Epistulae ad Lucilium 1, 4 ^top
Forse ti domanderai che cosa facio io che ti insegno queste cose. Confesserò sinceramente: ciò che succede presso un uomo amante dei piaceri ma diligente, la consistenza della spesa a me è chiara. Non posso dire di non perdere nulla, ma dirò che cosa perdo e perchè ed in che modo; darò la causa della mia povertà. Ma succede a me ciò che succede alla maggior parte spinti alla povertà non per propria colpa: tutti perdonano, nessuno aiuta.
Versioni di latino tradotte - Seneca


Epistulae ad Lucilium 1, 5 ^top
Che cosa dunque accade? Non ritengo povero colui per il quale è sufficiente quel poco che ha; tuttavia preferisco che tu mantenga le tue cose e inizierai a farlo in tempo utile. Infatti come sembrò opportuno ai nostri antenati, "è tardiva l'economia quando si è giunti al fondo"; infatti nel fondo non rimane solo il minimo ma il peggiore. Stammi bene.
Versioni di latino tradotte - Seneca


Generosità e fedeltà di due schiavi ^top
Claudio Quadrigoglio, scrittore degli annali, trascrisse nel ventiduesimo libro che avendo occupato la piazzaforte dei Grumeti ed essendo già giunto alla massima disperazione, due servi passarono al nemico e furono affrontati da lui. Quindi, presa la città, discorrendo da tutte le parti del vincitore, quelli accorsero subito per una strada conosciuta alla casa in cui avevano servito e condussero la padrona davanti a loro per le vie. Chiedendogli che cosa facessero confessarono che lei era la loro padrona e aveva condotto loro stessi al supplizio, essendo stata molto orgogliosa. Condotta allora fuori dalle mura, la nascosero con grande attenzione, fino a che il tumulto e l'ira dei vittoriosi si sarebbero placati; quindi, poichè i soldati, saziati dalla preda, erano tornati ad abitudini umane, anche questi stessi ritornarono alla precedente condizione di servi. Quella liberò entrambi perchè aveva ricevuto la vita da quelli su cui aveva avuto il potere della vita e della morte: infatti in una tale confusione della città presa, poichè ciascuno si consultò con lei, tutti da lei erano fuggiti eccetto i servi disertori.
Versioni di latino tradotte - Seneca


Popolazioni costrette a emigrare ^top
Tutti i popoli e le genti cambiano sede. Il mare inghiottì alcune popolazioni mentre si dirigevano in luoghi sconosciuti; alcuni si stabilirono là dove la mancanza di ogni cosa li abbattè. La ragione di lasciare alla patria non fu per tutti la stessa. Chi si allontanò per la distruzione della propria città, chi si allontanò per le rivolte del paese, chi per la pestilenza o respinti dai frequenti terremoti.


Non dimenticarti di mandarci le tue versioni via e-mail!

Copyright © 2001-2004 www.davidsnow.it - Tutti i diritti riservati.